La preparazione: come servire e osservare il vino
Scelta del bicchiere
Degustare il vino come un sommelier parte da una preparazione attenta: la scelta del bicchiere e il modo in cui viene versato sono fondamentali. Per esaltare le qualità di un vino rosso corposo, come un Barolo o un Amarone, si preferiscono calici ampi, che favoriscono l’ossigenazione e permettono di percepire meglio gli aromi. Al contrario, per vini bianchi giovani, un bicchiere più stretto permette di conservare l’aroma più delicato senza disperderlo.
Temperatura ideale
La temperatura del vino è altrettanto cruciale: i vini bianchi si servono tra 8 e 12°C, mentre per i rossi si può arrivare fino a 18°C, in modo da far risaltare la complessità dei tannini e dei profumi maturi. Servire alla temperatura corretta garantisce che il vino non perda né acidità né struttura, due elementi distintivi per un assaggio completo.
Tecnica di versamento
Versare e osservare è il primo passo visivo. Durante il versamento, il bicchiere dovrebbe essere riempito per circa un terzo, permettendo di roteare il vino senza rischio di versarlo. Questa pratica aiuta a liberare gli aromi e a formare gli “archetti” o “lacrime” sulle pareti interne del calice, che indicano il corpo e la consistenza del vino. Un vino di struttura, con un elevato contenuto alcolico, tende a creare archetti densi e persistenti, mentre vini più leggeri mostrano archetti che scendono velocemente. Un’ulteriore osservazione riguarda il colore, che fornisce preziose informazioni sull’età del vino: i bianchi tendono a scurirsi col tempo, virando verso toni dorati, mentre i rossi invecchiati assumono tonalità granato. Questi dettagli visivi sono essenziali per un sommelier, poiché raccontano la storia del vino e anticipano l’esperienza gustativa.
La vista: il primo esame
Colore e limpidezza
Il colore e la limpidezza del vino sono i primi elementi che un sommelier osserva per raccogliere informazioni su età, qualità e varietà. La tonalità varia a seconda del tipo di vino: i bianchi giovani tendono ad avere sfumature giallo chiaro o verdoline, mentre quelli invecchiati si scuriscono, assumendo toni dorati o ambrati. Nei vini rossi, il colore può spaziare da un vivace rubino per i più giovani fino a un granato intenso o marrone per quelli invecchiati. Questo cambiamento di colore riflette il processo di ossidazione e l’evoluzione naturale dei composti chimici.
Anche la limpidezza del vino ha un ruolo fondamentale: un vino limpido e brillante suggerisce una corretta vinificazione e un processo di filtrazione accurato, mentre una certa opacità o presenza di torbidità può indicare difetti o alterazioni. Tuttavia, nei vini naturali o non filtrati, una leggera opacità è comune e non necessariamente negativa. Per una valutazione precisa, i sommelier osservano il vino inclinando il bicchiere su uno sfondo bianco, che permette di apprezzarne appieno la trasparenza e la luminosità.
Viscosità e corpo
La viscosità e il corpo del vino sono indicatori essenziali del suo grado alcolico e della sua struttura. Dopo aver roteato il calice, si formano delle striature, chiamate “archetti” o “lacrime,” che scorrono lungo le pareti del bicchiere. Archetti più densi e lenti indicano un vino corposo e alcolico, mentre se scorrono rapidamente e sono meno visibili, si tratta di un vino più leggero. Questo fenomeno è determinato principalmente dall’alcol e dalla glicerina presenti nel vino: più alta è la concentrazione di queste sostanze, più viscoso sarà il liquido.
La percezione del corpo del vino è un’esperienza tattile in bocca che può variare da leggera a piena e avvolgente. Un vino leggero scivola rapidamente sul palato senza lasciare una sensazione persistente, mentre un vino corposo tende a “riempire” la bocca, lasciando una sensazione di robustezza. Questa densità viene spesso associata ai vini rossi invecchiati e ai bianchi barricati, dove il passaggio in legno contribuisce a dare maggior struttura e complessità al vino
Sedimenti
I sedimenti nel vino sono tracce solide che si depositano sul fondo della bottiglia o del bicchiere e sono più comuni nei vini rossi invecchiati e nei vini non filtrati. Questi residui sono composti da polifenoli, tartarati e sostanze presenti naturalmente nel vino, che con il tempo si aggregano e sedimentano. Nei vini rossi, i sedimenti possono essere più frequenti poiché contengono una maggiore quantità di tannini e pigmenti, che si solidificano nel tempo e contribuiscono al colore e alla struttura del vino.
È importante notare che i sedimenti non sono necessariamente un difetto. Anzi, nei vini invecchiati di alta qualità, la presenza di sedimenti è spesso indice di autenticità e naturalezza del processo di affinamento. Per evitare che i sedimenti compromettano l’esperienza di degustazione, i sommelier raccomandano di versare il vino lentamente o di utilizzare un decanter, che consente di separare il liquido dalle particelle solide, migliorando la limpidezza del vino nel bicchiere.
L’olfatto: esplorare il bouquet
Il primo profumo
Il primo profumo di un vino è quello che si percepisce appena si avvicina il calice al naso, prima di rotearlo. Questo aroma iniziale, spesso sottile e delicato, offre un’indicazione delle caratteristiche primarie del vino e può rivelare sentori floreali, fruttati o minerali, a seconda del vitigno e del processo di vinificazione. È un momento cruciale nella degustazione, perché permette di cogliere le sfumature più leggere e fresche, che tendono a essere mascherate dai toni più complessi una volta che il vino è stato ossigenato. Per vini giovani e fruttati, come alcuni bianchi o rosati, il primo profumo può presentare note di frutta fresca o fiori, mentre nei rossi più corposi può richiamare frutta rossa o nera.
Il primo profumo è anche un’indicazione dello stato di conservazione del vino: odori pungenti o “chiusi” potrebbero segnalare che il vino ha bisogno di essere ossigenato ulteriormente, mentre sentori indesiderati come aceto o muffa possono indicare alterazioni del prodotto. Per un sommelier, questa fase è preziosa, poiché offre un’anteprima della qualità del vino e degli aromi che si svilupperanno con la rotazione del calice.
Roteazione e ossigenazione
La rotazione e ossigenazione del vino sono tecniche fondamentali per liberare e intensificare gli aromi, permettendo a un vino di esprimersi appieno. Ruotare il bicchiere, tenendolo per il gambo e facendolo girare con delicatezza, aumenta la superficie di contatto tra il vino e l’aria, favorendo l’ossigenazione. Questo processo facilita la volatilizzazione di alcuni composti aromatici che, se trattenuti, resterebbero nascosti nel liquido. Specialmente nei vini rossi strutturati o nei bianchi invecchiati, la rotazione consente di percepire note nascoste come spezie, frutta matura o accenni di legno
Questa pratica è anche utilizzata per valutare la viscosità e la consistenza del vino attraverso gli “archetti” o “lacrime” che scendono lungo le pareti del bicchiere dopo la rotazione. Archetti più densi e lenti indicano un vino con una buona struttura e un grado alcolico elevato. L’ossigenazione consente inoltre di “ammorbidire” certi aspetti, come i tannini nei vini rossi giovani, rendendoli più armoniosi e piacevoli al palato. La rotazione, dunque, non solo amplifica l’esperienza sensoriale, ma può anche rivelare aspetti complessi e profondi di un vino, che altrimenti resterebbero nascosti
Qualità degli aromi
La qualità degli aromi è uno degli indicatori fondamentali per valutare il livello di un vino e la sua complessità. Quando un sommelier annusa un vino, presta attenzione non solo alla varietà degli aromi ma anche alla loro finezza e pulizia. Gli aromi ben definiti e armonici sono indice di un vino curato, mentre profumi confusi o sgradevoli possono segnalare difetti o una scarsa qualità del prodotto. Un bouquet equilibrato, dove ogni nota – che sia fruttata, floreale o speziata – si presenta in modo distinto ma non dominante, rivela la raffinatezza del vino e la maestria del produttore.
Oltre alla pulizia, anche l’intensità degli aromi è un parametro importante. Nei vini di alta qualità, gli aromi tendono a essere ricchi e persistenti, mantenendo una presenza prolungata nel calice e nel naso anche dopo aver roteato il bicchiere. Al contrario, aromi che sfumano rapidamente possono indicare un vino meno strutturato e di breve persistenza. La coerenza aromatica tra naso e bocca – ossia il riscontro delle stesse note durante l’assaggio – è un ulteriore segnale di qualità e di un lavoro accurato in cantina.
Il gusto: l’assaggio
Primo sorso e papille gustative
Il momento dell’assaggio è il più atteso, ed è importante prenderlo con calma per percepire tutte le sfumature di sapore. Si inizia con un piccolo sorso che va tenuto in bocca per alcuni secondi, permettendo al vino di coprire ogni angolo del palato e attivare le papille gustative. Il primo impatto rivela le note di dolcezza o acidità, seguite da una progressione di sapori che spesso terminano in un finale più complesso e amaro, tipico dei rossi invecchiati.
Respirazione interna
La respirazione interna durante la degustazione del vino, detta anche “aerazione orale,” è una tecnica usata per amplificare l’esperienza sensoriale. Consiste nel prendere un sorso di vino e, mentre è in bocca, inspirare una piccola quantità d’aria attraverso le labbra socchiuse. Questo passaggio permette all’ossigeno di mescolarsi con il vino, liberando i composti aromatici volatili e potenziando il sapore. L’ossigenazione attivata dalla respirazione interna stimola le papille gustative e il palato, intensificando le note fruttate, floreali o speziate e rendendo il vino più espressivo e complesso.
Questa tecnica è particolarmente utile per valutare l’equilibrio e la struttura di vini rossi corposi, in cui i tannini possono risultare più evidenti, o per vini bianchi aromatici, dove la freschezza degli aromi gioca un ruolo fondamentale. La respirazione interna aiuta anche a percepire con maggiore chiarezza il retrogusto e la persistenza aromatica, poiché i sapori restano più a lungo, permettendo di cogliere anche sfumature sottili che altrimenti potrebbero passare inosservate.
Persistenza e retrogusto
Un altro aspetto da considerare è la persistenza. Dopo aver deglutito, si può valutare quanto a lungo il sapore rimane in bocca, un parametro che indica la qualità del vino: più lunga è la persistenza, migliore è la struttura. I vini ben bilanciati offrono una sinfonia di sapori che si evolve in bocca, e un retrogusto armonioso e persistente è indice di un prodotto di alta qualità. Durante l’assaggio, è utile fare una seconda degustazione per confermare le sensazioni iniziali e cogliere eventuali sfumature che erano sfuggite.
La degustazione completa: ripetere e annotare
Secondo assaggio
Il secondo assaggio del vino è un passaggio importante che permette di confermare e approfondire le sensazioni percepite inizialmente. Mentre il primo assaggio serve a fornire un quadro generale del vino, il secondo consente di esplorare con maggiore attenzione la struttura e la complessità aromatica. In questo momento, è utile concentrarsi sulla percezione dell’equilibrio tra acidità, tannini (nel caso dei rossi), e sensazioni morbide, come quelle date dall’alcol. Il secondo sorso può anche rivelare sfumature che magari non erano evidenti al primo impatto, come leggere note speziate, minerali o persistenti sentori fruttati.
Il secondo assaggio permette inoltre di valutare meglio la persistenza del retrogusto, ovvero quanto a lungo il sapore rimane in bocca dopo la deglutizione. Una persistenza più lunga è indice di una buona struttura e qualità del vino, mentre sapori che si attenuano velocemente suggeriscono un vino più leggero e semplice.
Assaggio con valutazione
Con un blocco note, si possono catalogare i vini provati, registrando denominazioni, cantine, annate e le impressioni generali. Questo processo di annotazione e riflessione permette di sviluppare una maggiore consapevolezza e apprezzamento per i vini e, con il tempo, aiuta a diventare degustatori più esperti e sicuri.
Impara dagli esperti
La degustazione è un’arte, e come tale richiede pratica e attenzione ai dettagli. Annotare le proprie impressioni durante una degustazione è un’ottima abitudine, utile per confrontare i vini provati e ricordare le caratteristiche che più si sono apprezzate. Molti sommelier professionisti raccomandano di partecipare a sessioni di degustazione guidate, dove è possibile confrontare il proprio palato con quello di esperti e affinare le proprie capacità. Un aspetto interessante è la memoria olfattiva, che consente di associare aromi a ricordi specifici, rendendo ogni degustazione un’esperienza unica e personale.