Il Rum italiano: distillerie artigianali e nuovi trend da conoscere

Il Rum italiano: distillerie artigianali e nuovi trend da conoscere

Quando parliamo di rum italiano spesso immaginiamo luoghi esotici, ma la nostra tradizione distillatoria ha saputo ritagliarsi uno spazio unico. L’avventura iniziò in Alto Adige, nel 2015, quando la distilleria Roner decise di sperimentare con melassa importata da Nicaragua e Repubblica Dominicana per dare vita al celebre R74 Rum Aged. Fu una vera sfida: per la prima volta si tentava di fondere un ingrediente tipicamente caraibico con la cultura enologica locale, impiegando botti di rovere di melo Caldiff che avevano già contenuto grappa. Gli esiti furono sorprendenti, con sentori di vaniglia, mela cotta e spezie leggere, che catturarono subito l’attenzione degli appassionati.

Nel giro di pochi anni, altre realtà artigianali hanno abbracciato questa vocazione: la passione per la sperimentazione, unita al rigore di metodi di fermentazione e distillazione meticolosi, ha creato una corrente che valorizza materie prime locali, dal succo fresco di canna in Sicilia alle millenarie tradizioni di bottaia del Nord. Oggi, quando sorseggio un rum italiano, sento il calore del Sud unito alla precisione del Centro-Nord, come un viaggio tra contrade diverse ma complementari.

Breve storia della produzione in Italia

Subito dopo la Seconda Guerra Mondiale, molte distillerie si concentravano su grappe e liquori tipici. Fu solo negli anni Duemila, però, che alcuni produttori iniziarono a considerare la canna da zucchero come nuova frontiera. Roner, già nota per le sue grappe, inaugurò un laboratorio di prova: si mescolava melassa caraibica e zuccheri locali, sperimentando fermentazioni brevi a 48 ore e lunghe fino a una settimana, per capire come influenzassero profumi e corpo. Quel banco di prova portò al primo imbottigliamento di R74 nel 2015, dopo un invecchiamento di almeno due anni. Quel passo pionieristico diede il via a una miriade di micro-distillerie in tutta Italia.

Dalla sperimentazione di Roner nacquero realtà come Historiae Rum di Montagna, sempre in Trentino, che riprese il filo della storia locale – si dice che nel XVIII secolo alcuni monaci della valle producessero un’acquavite di canna durante scambi commerciali con i porti del Nord Europa. Col passare degli anni, grazie a premi internazionali e riconoscimenti di sommelier, il rum italiano ha conquistato spazi nelle carte dei migliori locali europei.

Materie prime: canna da zucchero, melassa e succhi agricoli

In Sicilia ho visitato i campi di Avola Rum: tre ettari di canna da zucchero coltivata con metodi biologici e irrigazione a goccia. Qui Corrado Bellia distilla il succo fresco, evitando la melassa e rispettando i tempi naturali di fermentazione, con lieviti indigeni. Il risultato è un rum dal profilo fruttato e vivace, con note di gelsomino e mandorla verde, che racconta il territorio.

Al contrario, molte distillerie del Nord importano melassa pura al 100%: è un modo per garantire costanza di fermentescibili e concentrazione zuccherina. Distillerie come Zamperoni, in Veneto, ricevono la melassa dal Centro America, poi personalizzano la fermentazione aggiungendo mosti d’uva locali per educare i lieviti a profumi vinici. Il blend finale assume toni di prugna secca e fiori d’arancio, un approccio che unisce Caraibi e Mediterraneo.

Caratteristiche organolettiche distintive

Il tratto distintivo del rum italiano è l’equilibrio tra dolcezza e vivacità. A differenza dei rum tropicali, la nostra versione spesso offre un corpo medio-leggero, con acidità lieve e retrogusti agrumati. Nei rari casi di invecchiamento lungo – cinque o più anni – emergono note speziate, legno tostato e cacao amaro, grazie a botti ex-grappa o ex-Amarone.

Ricordo di aver degustato una riserva che dopo tre anni in botte di ciliegio donava sentori di ciliegia sotto spirito, pepe rosa e pepe nero, sorprendentemente ben fusi. Questa complessità è resa possibile solo dalla cura artigianale e dalla selezione di botti particolari, vera firma dei nostri maestri distillatori.

Le distillerie artigianali: filosofia e processi

Dietro ogni bottiglia di rum italiano c’è un artigiano che segue un rituale meticoloso: dalla scelta del lievito, al controllo delle temperature, fino al tastare il mosto con un assaggio quotidiano. È un processo che richiede tempo, osservazione e una buona dose di intuito, perché piccoli aggiustamenti – un grado in più di fermentazione o qualche ora in meno in colonna – fanno la differenza nel gusto.

Approccio “craft”: produzioni limitate e controllo totale

In distillerie come St. Urban a Cornaiano o nella piccola azienda di Bolzano, ogni lotto non supera i 500 litri, lavorati in alambicchi di rame lucidato a mano. Il produttore gestisce personalmente il taglio di “teste” e “code” (le prime e ultime frazioni della distillazione), decidendo quale cuore del distillato mantenere. Questo approccio “batch by batch” crea rum unici, spesso numerati, che diventano oggetti da collezione per gli appassionati.

Tecniche di fermentazione e distillazione

La fermentazione in Italia spazia tra 48 ore, per un profilo più “fresco” e floreale, e fino a 120 ore, per evidenziare note più terrose e fruttate. Alcuni artigiani usano lieviti selvaggi, catturati nell’aria della distilleria, mentre altri adottano ceppi selezionati per ottenere consistenza di lotto in lotto. Nella fase di distillazione, le differenze emergono tra pot still – che esaltano gli oli essenziali e gli esteri aromatici – e column still, perfette per un distillato più neutro, ideale se si vuole poi enfatizzare l’affinamento in botte.

Esempi di realtà emergenti per regione

  • Trentino-Alto Adige:
    • Roner – con R74 Rum White e Aged, premiato al San Francisco World Spirits Competition.
    • Historiae Rum di Montagna – fermentazione ispirata a metodi caraibici e affinamento in barrique di Amarone.
  • Sicilia:
    • Avola Rum – 100% succo fresco di canna, coltivazione biologica e invecchiamento zero per il white rum.
  • Campania:
    • Berolà – riscoperta storica della canna in Terra di Lavoro e affinamento in botti di Pallagrello.

Invecchiamento e affinamento “all’italiana”

L’affinamento trasforma il distillato grezzo, limpido e severo, in un prodotto rotondo, complesso e armonioso. In Italia ogni distilleria vuole mettere la propria firma: ecco perché si esplorano legni meno consueti, combinazioni di botti miste e persino infusioni in piccoli carati con botanici del territorio.

Tipologie di legno e scelta delle botti

Le botti di rovere americano ex-bourbon restano il classico intramontabile: regalano note di vaniglia, cocco e mandorla. Ma molti produttori osano barrique ex-Amarone, che infondono spezie, ciliegia sotto spirito e tabacco dolce. Altri ancora lavorano con botti di castagno o ciliegio per ottenere toni fruttati e floreali, oppure riprendono botti di grappa e passito, per un’infusione di aromi unici.

Durate di invecchiamento

Si parte da un white rum consumabile subito, perfetto per cocktail, passando per un rum invecchiato 2 anni, dai profumi ancora delicati, fino a riserve di 5–7 anni, in cui il legno ha lavorato a fondo per addolcire gli alcoli e sviluppare complessità: cacao, caffè, cuoio. Più il rum rimane in botte, più perde intensità alcolica a favore di dolcezza e sfumature aromatiche antiche.

Sperimentazioni di affinamento

Historiae Rum di Montagna matura un lotto di rum bianco in tonneaux che hanno contenuto moscato rosa, svelando note di albicocca secca e fiori d’arancio. Berolà affina in botti di Pallagrello nero, introducendo sentori di frutti gialli e mandorla tostata, una firma che richiama il vitigno autoctono locale. Alcuni artigiani, per cocktail bar d’avanguardia, infondono in piccole carati botanici come ginepro e foglie di limone, ottenendo rum “ready to mix” dal carattere mediterraneo.

Nuovi trend nel panorama del rum italiano

Il fermento attorno al rum nazionale non si arresta: nuovi trend spingono verso scelte green, contaminazioni con altri distillati e progetti “narrativi” che coinvolgono chef, designer e artisti, rendendo il rum un vero protagonista culturale.

Rum “infused”: aromi mediterranei

Il boom dei rum aromatizzati è nato in cocktail bar creativi di Roma e Milano. Immagina un rum al basilico – preparato immergendo foglie fresche in un white rum per 48 ore – e poi filtrato, per un gin tonic twist con basilico e pompelmo rosa. Oppure un rum al rosmarino, perfetto con tonica e scorza di arancia, che suggella il legame tra distillato e cucina regionale.

Sostenibilità e filiere corte

Progetti come Avola Rum dimostrano che coltivare canna da zucchero in Italia è possibile, creando un circuito virtuoso che riduce emissioni di CO₂, valorizza terre marginali e sostiene le comunità locali. Anche distillerie più piccole scelgono melassa biologica certificata e imballaggi riciclabili, raccontando trasparenza e impegno etico al consumatore.

Collaborazioni con chef e bartender

Negli ultimi mesi sempre più distillerie hanno invitato chef stellati per creare abbinamenti a quattro mani: rum affumicato abbinato a formaggi erborinati, infusioni speziate servite con piatti a base di pesce azzurro, o rum dolci con dessert al cioccolato e frutta secca. Queste partnership trasformano ogni bicchiere in un’esperienza gastronomica completa.

Degustazione e abbinamenti consigliati

Per esplorare ogni sfaccettatura del rum italiano, basta seguire un percorso sensoriale che unisce metodo e creatività, lasciando spazio all’intuizione e al gusto personale.

Guida alla valutazione sensoriale

  1. Esame visivo: inclinando il bicchiere, nota la densità del liquido e la “lacrima” che scende sul vetro; lacrime lente indicano tenore alcolico elevato e dolcezza più pronunciata.
  2. Analisi olfattiva: avvicina il bicchiere con piccoli vortici per liberare gli aromi; cerca profumi di vaniglia, frutta cotta, spezie dolci o note vegetali, annotandoli mentalmente.
  3. Assaggio: prendi un piccolo sorso, fai roteare il liquido in bocca per cogliere corpo, calore alcolico, equilibrio dolce-amaro e persistenza; valuta infine il retrogusto e durata dell’aroma.

Strumenti e bicchieri ideali

Per una degustazione formale, il bicchiere tulipano o Copita è perfetto perché concentra aromi ed evita dispersioni. Se punti a un momento informale, un tumbler con qualche cubetto di ghiaccio “on the rocks” è ideale per un aperitivo. Aggiungere una goccia d’acqua (5–10%) può “aprire” il rum, riducendo l’alcol grezzo e facendo emergere sfumature nascoste.

Abbinamenti gastronomici

  • Formaggi stagionati: un Parmigiano Reggiano oltre 24 mesi trova armonia con un rum invecchiato 3–5 anni, giocando su sapidità e dolcezza.
  • Dolci al cioccolato: mousse al cioccolato fondente o tartufi al cacao sposano un rum con note tostate e cioccolato amaro.
  • Piatti sapidi: spezzatino di cinghiale, carré di maiale glassato o formaggi erborinati dialogano con i tannini dolci e il calore del rum.

Spero che questo approfondimento ti aiuti a navigare il meraviglioso universo del rum italiano con curiosità e passione, come se fossi seduto accanto a un amico che ti racconta i segreti della sua ultima scoperta. Cin cin!

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